Riflessioni industria gaming digitale

E’ un periodo elettrizzante per l’industria dei videogiochi. Comprendo lo stato d’animo  negativo quella fetta di industria che non ha saputo rinnovarsi ed al contempo esulto per come il mercato stia cercando di evolversi spontaneamente offrendo infinite possibilità sia alle future start up che ai giocatori che si ritrovano con una scelta di titoli sui dispositivi più variegati senza pari.

Esaminiamo in ordine sparso una serie di imput giunti in questi giorni. L’industria dei giochi in mobilità sappiamo essere in crescita, Apple e Google hanno dato nuova linfa ad un mercato nato nel 2001 grazie alla straordinaria diffusione dei rispettivi sistemi operativi e la crescente facilità con la quale è possibile scaricare un gioco sul proprio smartphone e tablet. Una freschissima analisi di Newszoo indica in 101 milioni il numero di mobile gamers negli USA con una crescita del 34% rispetto allo scorso anno. Aumenta analogamente anche il numero dei giocatori paganti, ora attestati sui 37 milioni. Soprattutto il secondo dato nasce dall’evoluzione dai “regular phone” agli smartphone e tablet. Il salto generazione porta con se migliori esperienze ludiche grazie ai display e processori molto più performanti, parco titoli quantitativamente ed economicamente più vantaggioso, minori barriere di discovery e acquisto ed, infine, la voglia di personalizzare un nuovo device scaricando più app possibili.

Statistiche mobile gaming 2012 USA

In Europa le statistiche hanno qualche connotato diverso. La popolazione dei mobile gamers attivi dovrebbe attestarsi intorno ai 70 milioni di utenti (dato Newszoo Marzo 2012 riferito a fr, uk, ge, be, hl), tra questi vi è ancora una percentuale non trascurabile di giocatori su normali telefonini. Ad esempio i regular phone valgono il 34% del mercato in Francia. Un’altra discrasia arriva dalle peggiori performance di Android Playstore in fatto di revenues, a conferma di come questo sistema operativo si stia velocemente diffondendo ma presenti ancora problemi in termini di download di giochi a pagamento. Un’altra differenza arriva dalla percentuale di tablet, in Europa l’assenza del Kindle Fire di Amazon si fà sentire pesantemente.

La crescita del mobile gaming ha già penalizzato pesantemente l’industria tradizionale dei videogiochi con gravi danni inflitti soprattutto alle console portatili. Sony e Nintendo hanno perso importanti quote di mercato ed il recente lancio di Sony PsVita e Nintendo 3DS ha risentito pesantemente di questa concorrenza tanto da spingere la grande N a dichiarare per la prima volta perdite nell’anno fiscale appena conclusosi. Eppure la crepa potrebbe estendersi ulteriormente, nel 2011 circa il 62% dei giocatori console/pc americani era impegnato attivamente nel gaming mobile.  Pur essendo distanti anni luce le due tipologie di esperienze ludiche, il tempo a disposizione di un individuo è unico. Nel momento in cui opto per dedicare ore e risorse economiche su un iphone ho sempre meno tempo per accendere una console, fenomeno da tenere sott’occhio!

Gameloft e Rovio, due dei principali mobile publisher mondiali hanno rilasciato i risultati fiscali. L’azienda francese, nata come una costola di Ubisoft,  ha fatto segnare il Q1 migliore della sua storia con revenue per 44.8 milioni di euro nei primi tre mesi del 2012. La crescita del 14% anno su anno viene ascritta ovviamente alle vendite su smartphone e tablet ma, leggendo bene il documento ufficiale, emerge chiaramente un nodo cruciale. Quasi il 50% degli introiti arrivano da micro-transazioni ed advertising che stanno pian piano soppiantando il precedente modello pay per download. In parole povere tutti i nuovi titoli gameloft vengono rilasciati gratuitamente o ad un prezzo estremamente basso per poi monetizzare in-game attraverso la vendita di moneta virtuale spendibile per migliorare le performance. Il vantaggio di questo business model è la capacità di attrarre un gran numero di giocatori e spesso di non giocatori attratti dall’iniziale gratuità del prodotto.

Il bilancio 2011 della finlandese Rovio offre un altro interessante angolo di lettura. Dei 75 milioni di euro fatturati, circa il 30% è arrivato dal merchandising. Come tutti sappiamo Angry Birds è un videogioco nato per iOS che aveva raggiunto i 650 milioni di download su varie piattaforme lo scorso anno. In questo processo di crescita ha giovato la capacità distributiva cross platform (ios, diversi store android, windows phone, mac store etc etc) ed il pricing estremamente accessibile. Un successo incredibile che Rovio ha sfruttato traformandolo in “entertainment franchise”, la massificazione ha dato il via a circa 200 accordi di licensing per realizzare cartoni, negozi, parchi tematici, giochi in scatola, peluche etc etc. Questa era una strada sostanzialmente preclusa all’industria tradizionale dei videogiochi, i titoli di maggior successo rimanevano cmq confinati nel novero dei milioni di copie indirizzate a target ben specifici. Angry Birds è riuscito ad allargare il bacino, essere scaricato da giovani quanto persone anziende, ragazzi come ragazze aprendo le strade ad una monetizzazione indiretta clamorosa.

Electronic Arts rappresenta un esempio di azienda tradizionale che faticosamente e con sofferenza sta cercando di riposizionarsi in chiave digitale. Dopo esser stata per decenni numero uno nei videogiochi ha sofferto la concorrenza di Activision Blizzard (azienda n.1 per capitalizzazione in borsa con circa 14 miliardi di dollari) e finanche di Zynga valutata sui 6 miliardi. Io stesso sto vivendo dal 2006 questa espansione in chiave digitale operando per la divisione mobile sin dalla sua nascita. Dopo un lungo percorso fatto di riconversioni interne e numerose acquisizioni, il segmento digitale è diventato un fattore  centrale nei bilanci. Esaminando il documento rilasciato ieri agli azionisti fà strano leggere in prima pagina come dichiarazione del CEO Riccitiello

We are proud to report a strong quarter and a fiscal year highlighted with $1.2 billion of digital revenue

Il dato impressiona sia se esaminato singolarmente che nel totale bilancio EA. Nel Q4 2011 “EA Digital” ha generato 419 milioni di dollari mentre i prodotti pacchetizzati 949 milioni. Circa il 30% del fatturato degli ultimi tre mesi registrati è arrivato da giochi online, mobile, social e scaricabili in generale con tassi di crescita e marginalità molto differenti. Continuando di questo passo già nel corso del 2012/2013 potrebbe stabilirsi una sostanziale equivalenza tra i due rami. Sicuramente il colosso americano continuerà ad investire nel mondo console tradizionale, sono già 80 milioni i dollari stanziati per ricerca e sviluppo sulla prossima generazione Wii, Xbox 720 e Playstation 4 in arrivo tra fine 2012 e fine 2013. A fronte di questi impegni si prevedono tagli al personale console/pc e la soppressione di una serie di franchise non ritenuti utili alle rinnovate strategie.

Ho già sostenuto ampiamente le mie tesi sulla fine del mondo console così come lo conosciamo per tutta una serie di ragioni argomentate su La Stampa e sul blog. Un altro tema penalizzante è proprio il ciclo vitale di una console, mediamente sui 7 anni. In un’epoca passata questo timing poteva avere un senso, ma oggi con l’incalzare di nuovi iPad rilasciati annualmente, aggiornamenti Andoid ogni pochi mesi le console rischiano di perdere la propria supremazia tecnologica. Da qui l’idea di progetti come Onlive di aggiornare via software e non hardware grazie alla connettività!

Microsoft sperimenta un modello paymium per Xbox 360

Eppure i tre grandi produttori di hardware non restano a guardare. Oltre a lavorare sulle nuove console, stanno cercando di sperimentare nuove forme digitali e di distribuzione. Una notizia interessante arriva da Microsoft che ha ufficialmente annunciato un nuovo bundle. In 16 Microsoft Stores americani sarà possibile acquistare l’Xbox 360 a 99 dollari in aggiunta ad un abbonamento da 15 dollari mensili per due anni.  E’ la prima volta che un console maker prova a ribaltare la logica commerciale da un upfront significativo (le console appena rilasciate hanno costi intorno ai 400-500 euro per poi chiudere sui 150-200) ad un più accessibile obolo iniziale controbilanciato da un abbonamento mensile che include l’accesso ad Xbox Live. A conti fatti sui 24 mesi il prezzo che l’utente andrebbe a spendere è superiore al combinato del prezzo tradizionale più costo abbonamento annuale per il live e sarà interessante capire la reazione del pubblico. Di certo il target sembra esser quello dei giocatori occasionali abituati a barriere di ingresso economiche non elevate.

 

 

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