Gamification per i Musei: Idee e 5 Esempi

I beni archeologici in Italia sono conosciuti mediamente al 10%, una percentuale che spiega tanto del fallimento degli enti deputati alla valorizzazione e divulgazione del nostro patrimonio. D’altronde basta dare una occhiata alle nostre facoltà di Beni Culturali per capire quanta scarsa o nulla importanza venga assegnata agli insegnamenti di marketing, storytelling, engagement divulgazione e creazione del consenso sociale rispetto al nozionismo storico, alla metodologia di scavo sul campo o al classico allestimento museale.

Sono sempre meno i biglietti staccati nei musei e sempre meno i nati dopo il 1980 che vi si recano. Perchè? Paradossalmente giochi come Assassin’s Creed, oltre 70 milioni di copie vendute in 6 anni, sono diventati il veicolo primario attraverso il quale milioni di persone sparse per il mondo entrano in contatto con locations storiche, personaggi e fatti realmente accaduti in diverse epoche storiche. Pur senza alcuna pretesa, i designer di A.C., avvalendosi dell’ausilio di storici, riescono laddove i musei falliscono. Immergere i visitatori in un contesto altamente emotivo ed interattivo facilita i processi di apprendimenti. Perchè i musei, che partono avvantaggiati avendo dalla loro grandi professionisti e strutture fisiche sparse per il territorio, debbano rinunciare ad una leadership secolare non cogliendo le opportunità, ed i risparmi, che le nuove tecnologie possono portare loro?

Le trasformazioni sociali, demografiche e tecnologiche intervenute nell’ultimo decennio hanno radicalmente rivoluzionato il modo di attrarre, ingaggiare e fidelizzare il “consumatore”. I nati dopo il 1980 (Generazione Y) , presentano forti distacchi nei modi e comportamenti rispetto ai padri ed i nonni e si aspettano nella vita reale quell’interazione che provano quotidianamente all’interno dei videogiochi. L’industria video-ludica, in soli 40 anni di vita è riuscita a diventare la forma primaria di intrattenimento superando, per fatturato e tempo medio speso, colossi storici come editoria, musica e cinema. La domanda cruciale è “perchè i giochi riescono a essere così straordinariamente divertenti ed instaurare un dialogo laddove altri media falliscono”? La risposta che cercheremo di dare si baserà sul modo attraverso il quale i giochi vengono disegnati, essi sono prodotti scientificamente studiati per generare stati d’animo e comportamenti facendo leva su set di meccaniche e dinamiche.

Su questo grande patrimonio di tecniche di engagement si basa il concetto di Gamification, disciplina sempre più utilizzata da aziende ed enti pubblici per raggiungere obiettivi concreti ed entrare in sintonia col bacino tecnologicamente più avanzato della propria utenza. Attraverso alcuni esempi capiremo come è possibile estendere al mondo dell’archeologia questo nuovo paradigma.

SEOUL MUSEUM WEEK

OBIETTIVI: Portare i visitatori ad esplorare anche i musei minori. Migliorare la collaborazione tra i musei. Raccogliere dati e informazioni sui visitatori.

PROGETTO: L’associazione dei musei di Seoul (SMA) in occasione della Settimana dei Musei 2013 ha deciso di affidarsi a Internet e alle tecniche di gamification. I 24 musei cittadini sono stati riunioni sotto un unico sito web nel quale i visitatori venivano incoraggiati a risolvere 24 missioni in 24 differenti location nell’arco temporale di 7 giorni (18-24 Maggio). Entrando in uno dei 24 musei connessi, il visitatore trova nella hall una postazione multimediale composta da un semplice computer, webcam e stampante fotografica. Sullo schermo appare la Missione (Quest), ovvero una sfida da portare a termine all’interno della struttura museale dove è racchiusa la risposta. Parte la fase di esplorazione attraverso la quale far entrare in contatto il visitatore con aree e zone desiderate. Questo è un driver molto potente, i suoi utilizzi potrebbero essere molteplici. Ad esempio una biblioteca ha una sezione meno visitata delle altre, ad esempio letteratura antica, e con la missione possiamo spronare i giocatori a recarvici per trovare l’indizio forzando quindi il primo contatto. Una volta trovata la risposta si ritorna nella Hall dove è posizionato il chiosco e la si inserisce e, contemporaneamente, si scatta  una foto (sarà subito consegnata in versione fisica) e/o si inserisce un ricordo di questa esperienza. Ultimo step interno è l’ottenimento di un reward, un premio che gratifica il giocatore per lo sforzo profuso. Esso può essere di varia natura, da gadget museali a futuri buoni sconto per l’accesso,

Il flusso dell'esperienza lato visitatore

Il flusso dell’esperienza lato visitatore

RISULTATI: Oltre 1000 persone hanno visitato il network dei musei e 53 hanno (5.3%) ne hanno visitati più di cinque. Oltre 1000 storie di visitatori sono state raccolte. Oltre il 70% dei partecipanti hanno dichiarato di voler vedere in azione sistemi gamificati di questo tipo in futuro.

 

 RACE AGAINST TIME

OBIETTIVI: Avvicinare un pubblico in età scolare all’Arte Moderna. Attrarre nel museo i giocatori digitali.

PROGETTO: Il Tate Museum in U.K. ha dato vita ad un gioco per dispositivi mobili dal titolo Race Against Time. Scaricabile gratuitamente, questo platform game ci porta a indossare i panni di un buffo camaleonte il cui compito è collezionare palle colorate sparse lungo lo schermo per preservare i colori dal cattivissimo dr. Greyscale. L’interfaccia di gioco serve ad immergere i giocatori in 12 livelli di gioco che richiamano 12 decadi di arte dal 1890 ai giorni nostri. Durante l’avventura i players saranno esposti a opere di Picasso, Dan Flavin, Beuys all’interno di uno scenario ricco di azione ed engagement favorendone l’associazione al periodo corrispondente.  La killer feature di questa idea risiede senza dubbio nell’introduzione del “Turbo Mode”, una opzione di gioco che consente di potenziare il camaleonte. Per sbloccare tale feature è, però, necessario recarsi fisicamente nel Museo ed effettuare un check in tramite app. I giocatori sono così fortemente incentivati a recarsi lì periodicamente per proseguire al meglio nell’avventura.

RISULTATI: Centinaia di citazioni sulla stampa internazionale divenendo una case history di settore.

 DORA’S LOST DATA

OBIETTIVI: Velocizzare e migliorare  il lavoro quantitativo e qualitativo di catalogazionei coinvolgendo attivamente i cittadini con un risparmio sui costi di gestione,

 

Dora's Lost Data utilizza gamification e crowdsourcing per migliorare la catalogazione museale

Dora’s Lost Data utilizza gamification e crowdsourcing per migliorare la catalogazione museale

PROGETTO: I due metagamess Dora’s Lost Date e Donald’s Detective Puzzle disponibili sul sito Museum Metadata Games affrontano un doloroso problema per archivi, li brerie e musei. L’ingente quantità di oggetti, spesso stivati nei magazzini, necessitano di tante ore lavoro per essere catalogati. A causa delle scarse risorse umane ed economiche, spesso restano per anni a prender polvere privando i visitatori di preziosi manufatti. Questi metagames utilizzano tecniche di gamification e crowdsourcing per coinvolgere cittadini comuni in questo gravoso compito rendendolo divertente ed emozionante. Comodamente da casa i navigatori possono scoprire oggetti aggiungendo dei tag che, secondo loro, li identificano. Queste keywords vengono utilizzate poi dai curatori museali per un migliore posizionamento sui motori di ricerca e per una più semplice comprensione del percorso museale. Spesso le descrizioni delle opere presenti sono scritte da accademici risultando molto distanti dal linguaggio comune. Schede preparate dagli stessi utenti, accompagnate da quelle ufficiali, potrebbero rendere la visita più user friendly. Sarebbe possibile proporre dei percorsi mensili basati sui manufatti più votati dagli utenti e tanto altro ancora. Ad ogni interazione online il visitatore guadagna dei punti (riquadro nero) entrando a far parte di una speciale classifica dei contributors più attivi. Inoltre il sistema ricorda costantemente quanto “bene” stiamo facendo alla collettività (label gialla nell’immagine)

 

PHYLO CARD GAME

OBIETTIVI: Divulgare e sensibilizzare i giovani sulle specie animali e le biodiversità.

Phylo Card game abbina la narrazione scientifica ad un supporto giocoso

Phylo Card game abbina la narrazione scientifica ad un supporto giocoso

PROGETTO: Riallaciandosi al grande successo di giochi di carte come Pokemon e Yu Gi Oh, il Beaty Biodiversity Museum negli Stati Uniti ha realizzato un mazzo di carte con tema animale. Ogni scatola contiene 48 carte e costa 12.99 dollari. Uno strumento straordinariamente semplice quanto coinvolgente per diffondere conoscenza utilizzando un linguaggio moderno che ha il grande pregio di poter essere riutilizzato fuori dalla struttura museale dando vita a fenomeni quali collezionismo, scambio tra giocatori e tornei. Le schede degli animali sono curate dal personale scientifico del museo preservando l’accuratezza narrativa e scientifica. Nei nostri musei abbiamo un potenziale di storytelling assurdo, storie di amore, storie di guerre, manifatti, locations, tradizioni che si presterebbero straordinariamente per essere narrate sotto forma ludica con un vantaggio divulgativo ed economico per il museo straordinario.

C’è veramente tanto da lavorare nel ripensare l’attuale user experience dei musei ed in generale della divulgazione culturale. Purtroppo questa rivoluzione non potrà iniziare fino a quando non si deciderà di inserire negli organici non solo custodi e guide (per altro fondamentali) ma almeno una, e ripeto una, persona che abbia nozioni di Engagement Design. E non bisogna immaginare tecnologia=costi, con una corretta strategia la tecnologia può aiutare addirittura ad abbattere costi attuali!

Fabio Viola – Game Manager e Gamification Consultant