Motivare sul lavoro la Generazione Y

Negli ultimi giorni si è compiuto uno sforzo celebrale per sintetizzare e raffinare le teorie della gamification in relazione a quella crescente massa di di individui nati dopo il 1980. Una generazione chiamata indistintamente Gen Y, Millenials, Nativi Digitali piuttosto che Gaming Generation ma che presenta tratti comuni per comportamenti, passioni, attitudini che sempre più ricercano anche nel posto di lavoro. Si calcola che il 25% di essi abbia già mosso i primi passi in ambito Enterprise dopo aver completato gli studi, eppure le aziende non sono ancora attrezzate per sfruttare al massimo questi under 30 creando spesso i presupposti per scarsa produttività e disallineamento verso la mission aziendale.

E’ altrettanto vero che esistono delle chiavi di accesso verso il loro cervello, parola d’orine videogiochi. Individui che spendono numerose online online interagendo e giocando su una varietà di dispositivi e di conseguenza inclini a meccaniche e dinamiche che sempre più vengono riutilizzate in ambito aziendale. In un documento rilasciato da Bunchball vengono indicate alcune azioni provenienti dall’universo videoludico facilmente implementabili per ingaggiare e fornire un senso alle ore lavorative dei più giovani. Molte di queste riflessioni sono già contenute all’interno del sito e nei  vari speech che ho tenuti negli ultimi mesi, ma una rinfrescata non è sicuramente nociva.

Gamification per la Generazione Y al lavoro

Un ulteriore sforzo teorico è arrivato da Gabe Zichermann, già noto per la stesura di due libri dedicati al tema come Game Based Marketing e Gamification by Design. In settimana dal suo blog ha lanciato il paradigma delle 3F, acronimo di Feedback, Friends e Fun quali elementi fondamentali in qualsiasi buon progetto di gamification. Ho già sposato in passato il paradigma del SAPS legato alla gestione di rewards e mi sento di condividere anche questo. Vediamo nel dettaglio i tre punti FONDAMENTALI per costruire un progetto legato alla scienza qui rappresentata:

Feedback: E’ un tema ricorrente la cui centralità è stata enfatizzata dall’avvento delle tecnologie digitali che consentono forme di tracking in tempo reale attraverso smartphone connessi, social graph, gps e chip always connected sempre più presenti nella nostra quotidianità.  Nell’industria dei videogiochi essi si palesano solitamente sotto forma di punti, progress bar, pop up di notifica e informano il giocatore su come si stanno comportando all’interno del sistema. Consentono di frazionare l’intera esperienza in piccolissime porzioni, ognuna chiusa in se stessa ed in grado di fornire una risposta immediata all’utente che si sentirà incoraggiato nel proseguire.

Friends: E’ il contesto sociale in cui l’utente esalta le proprie caratteristiche. Che senso ha comprare qualcosa se non si può immediatamente informare un proprio amico? Al pari che senso ha sbloccare un badge se non possiamo renderne tutti partecipi? In questo ambito è possibile dar vita a dinamiche di competizione e/o cooperazione in grado di tenere incollato l’utente nel progetto favorendone al contempo la crescita virale. Ed ecco il perchè di missioni, leaderboard, social graph, in sempre più progetti gamificati.

Fun: Il divertimento è il punto più complesso da raggiungere, un concetto in qualche modo aleatorio perchè non per tutti giocare a bowling è divertente. Il raggiungimento di questo step presuppone uno studio a monte della propria customer base o sarebbe meglio dire della tipologia di “giocatore” nel nostro sistema (vedi fenotipo di Richard Bartle). Una volta compreso chi sarà il nostro giocatore e quali necessità lo accompagnano sarà possibile creare meccaniche Fun o quanto meno in grado di rendere meno noiosa una determinata azione.

Entrami gli schemi proposti sono per forza di cose delle semplificazioni, dei patterns embrionali sui quali innescare successivamente ragionamenti più profondi.

 

 

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