Gamification e videogiochi in biblioteca

Non è propriamente un caso di gamification, ma sicuramente l’idea di creare aree gaming all’interno delle biblioteche rappresenta una interessante iniziativa di contaminazione culturale e di coinvolgimento di pubblici. L’articolo è originariamente apparso su TuoMuseo.it a firma di Emanuele Cabrini di Gamesearch.it!

Da quasi 20 in Italia si è iniziato a parlare di videogiochi in biblioteca, più precisamente nel 1998 quando su Bibliotime apparve un contributo del bibliotecario Francesco Mazzetta dal titolo “Biblioteche in gioco? Riflessioni sui videogiochi in biblioteca”. E’ passato del tempo ma concretamente le biblioteche italiane hanno iniziato ad aprirsi a questa prospettiva solo recentemente. Ritengo che i motivi siano molteplici ma, per riassumere i principali, direi che sta iniziando ad avere un certo peso l’esigenza di coinvolgere una fetta più ampia di utenti e di cambiare la sensazione che la biblioteca trasmette alla collettività:  da luogo silenzioso per pochi intenditori di libri, talvolta un po’ cupo e ripiegato in qualche scantinato di una scuola o di un altro ente pubblico, ad incubatore di cultura e di nuove prospettive con tanto di spazi ampi – dedicati un po’ allo studio, un po’ alla socializzazione e condivisione di idee e passioni – ariosi ed ben illuminati, in linea con i moderni standard di design.

Purtroppo è una visione di cui, come spesso accade, in Italia se ne discute da decenni ma che poi – salvo eccezioni di cui parlerò a breve – ha visto reale riscontro (anche in termini di successo) all’estero, in particolare in America e nel nord Europa.

In materia di giochi da tavolo e soprattutto di videogame lavoro con diverse realtà culturali del nord Italia e biblioteche dal 2010: dapprima questi luoghi sono stati teatro di iniziative dedicate alla storia dei videogame, incontri di formazione con scuole ed insegnanti, e a momenti ti confronto su temi “sensibili” (violenza, dipendenza, impatto dei videogiochi nella cultura popolare e altro); poi negli ultimi anni ho avuto il compito di aiutare alcune biblioteche della Lombardia e dell’Emilia Romagna ad allargare i propri orizzonti e ad aprire delle gaming-zone con tanto di postazioni console e prestito di videogame.

Tra queste impossibile non citare il Multiplo di Cavriago (Re) con 4 postazioni console ed un patrimonio di oltre 200 videogame, le grandi biblioteche Valvassori Peroni e Cassina Anna di Milano, il nuovo centro PuntoCerchiate del Consorzio Sistema Bibliotecario Nord Ovest Milano, e le biblioteche della Fondazione PER LEGGERE (periferia ovest di Milano) tra cui spicca anche una gaming-zone nel carcere di massima sicurezza di Milano-Opera.

“Il Centro Culturale Multiplo ritiene che  il videogioco non solo è un’espressione della cultura contemporanea, ma ne è un’espressione illustre. Luogo intellettuale ed emotivo di sperimentazione, di creazione di nuovi linguaggi, di interazione sociale e di esplorazione del mondo, il videogioco ha dimostrato negli ultimi decenni di vita di avere tutte le carte in regola per assumere il ruolo di fenomeno culturale di massa nella società contemporanea e futura, nel punto ideale di congiunzione tra l’arte, la tecnologia, la comunicazione di massa e l’intrattenimento.”Alfonso Noviello – Referente per il Coordinamento del Servizio Giochi.

Le nostre biblioteche hanno da tempo superato il concetto di magazzino di libri per diventare, invece, luogo d’incontro che sviluppa socialità, accesso, condivisione e creatività per tutte le fasce della popolazione.Questo è il motivo per cui abbiamo deciso di investire sul mondo dei videogames e sullo spazio ludico in generale. Lo abbiamo fatto con la stessa convinzione che ci ha portato ad aprire nelle nostre biblioteche nuovi spazi e servizi di successo quali i tecnologici Fab Lab, il pianoforte con il progetto Sound Please, e le opere d’arte contemporanea con il progetto ArtotecaGianni Stefanini – Direttore Consorzio Sistema Bibliotecario Nord-Ovest Milano

Dopo anni di esperienza vorrei non tanto elencare i risvolti positivi di queste iniziative (riassumibili nell’idea di favorire una presa di coscienza del “giocare consapevolmente” – o conscious gaming) quanto indagare alcuni motivi che, a mio avviso, impediscono al videogioco (e alla gamification in senso più ampio) di avere un peso maggiore nel nostro paese, in contesti culturali e non solo. Problemi che provengono da più fronti e su cui ritengo bisognerebbe intervenire con maggior decisione.

– Non esiste una reale consapevolezza di cosa un videogame possa offrire, non solo in termini di intrattenimento. Mi capita di discutere con persone (ad esempio bibliotecari) che avanzano resistenze di vario tipo. Alcuni domandano: “i videogame sono per bambini e non capisco perché molti propongono contenuti per adulti”. In questo caso manca la consapevolezza che l’età media del videogiocatore nel mondo, ed in Italia, è superiore ai 30 anni. Un prodotto ormai trasversale, fruito equamente da uomini e donne così come da bambini e da adulti. [n.b. condividiamo in pieno le idee espresse da Emanuele Cabrini, i video-giochi sono una espressione culturale e artistica della contemporaneità]

– Spesso coloro che non videogiocano non sono propensi ad accettare l’idea che questo media possa coinvolgere il fruitore anche da un punto di vista emotivo con storie per un pubblico maturo (ma non solo) paragonabili ai capolavori della letteratura, del cinema o dei fumetti. Ricordo con un sorriso un dialogo con un bibliotecario avvenuto pochi mesi fa. L’argomento era Grand Theft Auto 4. Chi conosce la serie GTA ed è dotato di una certa maturità e forma mentis sa bene che dietro la violenza visiva di alcune scene in realtà si cela una critica al sogno americano, al consumismo (come ho segnalato con la medaglia “Pensatore” in un articolo su GameSearch.it, sito che gestisco dal 2009). Lui mi disse di non credere a questa cosa. Gli domandai se avesse giocato a GTA4 ma il bibliotecario mi rispose di aver soltanto visto qualche video su YouTube in cui “si facevano esplodere le macchinine”. Per certi aspetti mi sembra un po’ come guardare uno spezzone di 30 secondi diApocalypse Now e aver la pretesa di affermare che sia soltanto un film violento.

– Per riallacciarmi ad un discorso fatto da Fabio Viola, Presidente di TuoMuseo, durante un simposio al quale abbiamo partecipato in occasione dell’evento Neoludica Inside Videogame, anche nel mio caso ho constatato che in buona parte delle biblioteche con cui lavoro gli stessi bibliotecari non videogiocano, alcuni neppure ci provano. Non si richiede ovviamente che il bibliotecario diventi un esperto, ma credo sia essenziale provare almeno qualcosa (non i soliti blockbuster, ma magari titoli come Life is Strange), assumere un atteggiamento diverso per creare quella consapevolezza che poi la biblioteca deve trasmettere ai suoi utenti.

– Alcuni mi dicono “la biblioteca è il luogo dei libri”. Come invece ricorda il Manifesto UNESCO per le biblioteche pubbliche la “biblioteca è un luogo attento e aperto alla nuove tecnologie e ai nuovi media”.

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