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Fast Food gamification

Rieccoci a parlare di gamification applicata alla distribuzione alimentare, questa volta dall’altro lato della barricata: le major del cibo “veloce”.
Per molti fast food è sinonimo di cibo spazzatura, un’analisi seria del fenomeno porta però a diverse considerazioni: la resistenza culturale italiana all’innovazione sul tema food&beverage, la qualità delle materie prime e produzioni locali e certi stereotipi ormai consolidati sulle catene internazionali uguale junk food.fast food gamification examples

 

 

 

 Come avevamo fatto per i cultori del cibo sano in questo articolo, vediamo ora esempi di gamification realizzati da brand del fast food .

Il nostro blog ha già citato in precedenza le idee di Domino Pizza Hero e 4food, che puntavano sulla personalizzazione del piatto da parte degli utenti online; ora vediamo altri due approcci.

Chipotle’s: The Scarecrow

Chipotle Scarecrow gamification

 

Questa catena americana focalizza il proprio marketing sul cibo etico introducendo le meccaniche della gamification per rendere il tutto divertente tramite il gioco (e cortometraggio) Scarecrow.

Il giocatore impersonifica uno spaventapasseri triste che assiste al trattamento delle galline da macello e delle mucche da mungitura.
A fine giornata lo spaventapasseri decide di aprire uno stand di burrito solo vegetali.

 

Lo short è molto toccante soprattutto per i bambini e mira a far intendere che Chipotle produce cibo trattando gli animali con etica e attenzione. Il principio dell’engagement è in questo caso sfruttato in modo diretto tramite l’esperienza videoludica e in modo inconscio tramite la leva dell’identificazione con le persone che vogliono “migliorare” eticamente il mondo.

Burgerking Lockdown Whopper

 

 

Quantomai attuale questa iniziativa che richiama alla necessità di rispettate le regole del lockdown per sconfiggere il Covid-19. Burger King Brasile vuole incentivare la geo-localizzazione delle persone, concetto che abbiamo affrontato qui, tramite un reward molto semplice e molto ambito: un hamburger gratis!
La cosa avviene tramite monitoraggio dei tuoi spostamenti durante il coprifuoco che vengono premiati con voucher spendibili nella catena.
Il monitoraggio è automatizzato dalla preesistente app che Burger King usa per individuare i suoi fast food sulle mappe, solo che in questo caso il principio è invertito: è il cliente che viene mappato e indicizzato. Meno ci si muove è più possibilità di vincere voucher abbiamo.

 

 

 

 

 

 

 

 


La gamification viene quindi applicata tramite i concetti di:

  • possession, la possibilità cioè di ottenere sempre più premi reali è direttamente proporzionale al tempo che l’utente dedica al rispetto del coprifuoco, e non è demandata a classifiche di rendimento e al confronto con altri
  • social value, perchè il comportamento etico non rimane un fatto isolato di autostima ma è tradotto in maniera socialmente visibile e quantificata quando ti recherai con i tuoi voucher a ricevere il premio.

 

Cosa pensate di questi espedienti delle catene di fast food? Sono genuina sensibilizzazione alle problematiche sociali o scaltre idee di fidelizzazione?

A cura di Valter Prette

Gamification nell’educazione alimentare

Il rapporto tra educazione alimentare e gamification si è intensificato negli ultimi anni. L’aumento quantitativo e qualitativo del cibo ha portato con se una accelerazione sulle logiche di coinvolgimento per veicolare corretti stili di vita (slow foood, km0, biologico) ed, al contempo, per migliorare le performance di vendita di catene di ristorazione veloce e produttori di cibi pronti.
Oggi ci sediamo sulla poltrona dei “buoni” e presentiamo due approcci all’educazione alimentare dei teenager e dei bambini studiati da Viteco e dalla nostrana Coldiretti.


Viteco opera da oltre un decennio nell’ambito dei progetti europei finanziati per affinare educational games che diventino strumenti nelle mani dei professionisti del settore del recupero scolastico, dell’ecologia e della salute pubblica.

serious games food

Il vantaggio di un educational game è quello di facilitare la socializzazione ed il confronto culturale estrapolando le distanze linguistiche e velocizzando l’apprendimento.
Oltre ad altri giochi su tematiche di ampio respiro che eventualmente visioneremo in futuro, Viteco ha pensato al giocoJunk Foodper il progetto “#MissionEurope”, cofinanziato dal programma Erasmus+ dell’Unione Europea.

junk food gamification

Nel gioco prendi le veci di un Re alieno che vuole sperimentare svariati cibi del mondo umano. Lo scopo del giocatore è scegliere solo alimenti sani ed evitare il cibo spazzatura fra quelli che volano per lo schermo.
Associare una scelta salutare ad un punteggio e al reward immediato ottenibile in un videogioco è un concetto semplice ma molto efficace in un panorama videoludico dominato da obiettivi spesso non etici ed è un concetto che pensiamo andrebbe esplorato e finanziato ulteriormente per approdare su piattaforme massive come le console.

L’associazione degli imprenditori agricoli Coldirettiha presentato il progetto di educazione alimentare “cibo sano per ogni bambino” con l’adozione della realtà virtuale.
L’applicazione offre un viaggio immersivo tramite visori OculusGo, per apprendere i percorsi produttivi del miele, del latte e delle uova, presentati con video a 360 gradi prodotti da Carraro Lab.

realtà virtuale educazione alimentare

Gli studenti della scuola primaria, a cui il progetto è rivolto, si ritrovano nelle campagne in compagnia di animali e in strutture che purtroppo dal vivo difficilmente visiteranno mai.
Possiamo per esempio vestirci con la tuta dell’apicoltore e scoprire come si forma il miele, o sederci accanto alle galline che covano per poi seguire le uova sui nastri trasportatori fino all’inscatolamento.
Il meccanismo vincente della gamification usato in questo caso è lo storytelling ad azione libera: si interagisce cioè con un ambiente liberi di esplorarlo, piuttosto che seguire l’iter di una narrazione da documentario, con un’efficacia che gli sperimentatori dicono essere enormemente superiore in termine di nozioni apprese. La gamification è usata sapientemente come strumento per “potenziare” le capacità di apprendimento, senza bisogno di ranking e badge di riconoscimento come visto invece nel gioco precedente.

Con queste due esperienze edificanti abbiamo dato voce agli esperti della buona alimentazione che hanno sposato con entusiasmo la gamification e il serious gaming, ma a breve dovremo cedere il palcoscenico agli esperti “della golosità” che come vedremo sono ancora più bravi ed inventivi nello sfruttare engagement e leve social per attirarci nelle tanto demonizzate case del junk food. Chi porterà più adepti alla propria “tavola”?

 

A cura di Valter Prette

Gamification di un punto vendita

Le meccaniche gaming sono iniziano a trovare diretta applicazione nel mondo “Food and Beverage” grazie all’interessante concretizzazione avviata dalla catena americana 4FOOD. La start up ha aperto nel corso dell’Estate  2010 un punto vendita “fisico” a New York lungo la famosissima Medison Avenue e parallelamente creato il portale 4food.com attraverso il quale non solo è possibile ordinare il proprio hamburger salutare ma addirittura crearlo.

4Foof in Madison Avenue, New York

PERSONALIZZAZIONE: Ciascun cliente può comporre il proprio menu a piacimento scegliendo tra decine di ingredienti, riempimenti, tipologie di pane e così via. Il meccanismo di personalizzazione del panino ricorda molto da vicino l’user interface vista in numerosi giochi online dove viene richiesta la creazione dell’avatar. Sappiamo tutti quanta importanza rivesta, in termini psicologici, la possibilità di decidere del proprio destino “virtuale” creando un alter ego in grado di riflettere le proprie sembianze o come si vorrebbe apparire. Alla gente piace scegliere  ed ancor di più distinguersi dalla massa attribuendosi caratteristiche possibilmente uniche ed elitarie.

"Build your Burger"

Leaderboard e Livelli: Una volta creato il panino dei propri sogni è possibile attribuirgli un nome. Questa non è una mera operazione estetica,  ha dei risvolti funzionali in quanto il nostro panino entrerà in una classifica  e quindi in diretta concorrenza con gli altri utilizzatori del servizio. Sia online che nel punto vendita, infatti, sarà possibile scorgere la nostra posizione all’interno di una Leaderboard. La riconoscibilità del proprio “lavoro” è un meccanismo ampiamente utilizzato nel mondo gaming, ciascun giocatore sceglie un proprio nickname in grado di renderlo distinguibile dagli altri giocatori. Alla classifica si accompagna un sistema di tre livelli: 100 panini venduti per diventare gold, 200 platinum e 500 diamond. Viene rispettata la regola della progressione graduale con un salto di 100 dal primo al secondo livello per poi bruscamente salire a 500.

Classifica dei panini più comprati

REWARDS: Se quello sopra esposto potrebbe sembrare già innovativo, manca ancora la parte concettualmente migliore. Una volta creato il panino, questo potrà essere condiviso via Facebook e Twitter in modo tale da far conoscere ai nostri amici la creazione. Ogni qual volta un nostro amico ordina quel determinato panino (associato a un nome specifico come abbiamo detto) non solo saliremo nella Leaderboard ma verremo ricompensati con 25centesimi di dollaro per il prossimo acquisto. Considerando che il costo di un panino parte da 5.5 dollari, avremo uno sconto di circa il 4%, cifra elevata considerando che non c’è un limite al numero di rewards.

La meccanica dei “rewards” è molto interessante perchè colpisce alcuni degli istinti più tipici della natura umana, ovvero guadagnare qualcosa senza spendere apparentemente nulla. Basandosi su questa poderosa leva 4food.com attua una politica di viral marketing user generated interessante offrendo al contempo una ricompensa per il creatore ed un senso di sicurezza al nuovo cliente, quest’ultimo infatt beneficia di un doppio grado di “familiarità” per via del fatto di aver letto il post di un amico ed inoltre l’amico ha personalizzato a sua volta l’esperienza. Andando oltre questa case history, l’idea di remunerare l’attività di User Generated Content rappresenterà sicuramente una evoluzione futura di numerosi mercati. Rendendere l’utente non solo partecipe emotivamente, ma anche economicamente, nel ciclo produttivo/commerciale di qualsivoglia prodotto conferisce un valore aggiunto significativo alla fidelizzazione e condivisione. Immaginiamo i risvolti che una simile idea può avere nel mondo del fashion, ragazze che disegnano i propri abiti (cosa già possibile su portali come Polymore.com), li acquistano ricevendoli comodamente a domicilio o ritiro presso un punto vendita e da allora diventano al contempo stilisti ricevendo una revenue sulle unità piazzate. In poche parole il cliente si trasforma da soggetto passivo a elemento attivo e primario!

L’idea è veramente geniale almeno nella sua proposizione teorica perchè abbina due delle cose che gli americani amano maggiormente, giocare e mangiare!